Una Parola in Più
Cari lettori, oggi 25 Novembre è la giornata mondiale Onu contro la violenza sulle donne. Prima come essere umano e dopo come giovane ragazza, mi sento in dovere di esprimere la mia opinione a riguardo. Esatto, il termine è proprio “dovere” perché in questa società dove il tasso di femminicidi e stupri, è in continuo incremento, è dovere di tutti fare qualcosa per arrestare queste ingiustizie e denunciarle.
Per quest’oggi nel nostro paese sono state avviate numerose iniziative ed è stata data l’onorificenza di cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica Italiana all’avvocatessa Lucia Annibali, sfregiata per ordine dell’ex compagno da due uomini, con dell’acido.

Queste sono però solo poche delle troppe tragedie che ogni giorno accadono, storie di donne che hanno reagito e combattuto, a volte anche a costo della vita.
Benché in Ottobre il decreto legge contro il femminicidio, sia stato approvato, con solo tre voti contrari e dieci milioni di euro siano stati investiti nel “piano antiviolenza” per azioni di prevenzione ed educazione, questo non è sufficiente.
In altre parti del mondo, ci sono donne che non godono di alcuna tutela e che vengono utilizzate solo per il compiacimento dell’uomo e per generare prole. Basti pensare all’infibulazione praticata tutt’oggi in Africa, nella penisola araba e nel sudest esiatico.
(Si calcola che in Egitto, nonostante la pratica sia vietata, ancora oggi tra l'80% delle donne si stata soggetta all'infibulazione.).
Un'altra realtà è quella di Aisha Ibrahim Duhulu, processata per adulterio e punita con la lapidazione. L'esecuzione avvenne nel 2008, in Somalia, eseguita da una cinquantina di uomini davanti migliaia di spettatori.
Numerosi dottori, psicologi e sociologi, cercano di capire cosa possa spingere un compagno o un marito, a compiere tali atrocità nei confronti di un altro essere umano, di come l’amore possa tradursi in possesso e culminare in atti di violenza e crudeltà.
A mio parere, come le più grandi riforme, il cambiamento per un mondo contro la violenza dovrà e potrà solo sbocciare nelle nostre case. Qundi, con questo articolo “Una parola in più” invito tutti a compiere il primo passo: parlare ed educare al rispetto della vita altrui.
Fatelo per Luisa, Nosheen, Aisha e per tutte le altre donne, madri di questo mondo.